Trieste

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05/06/2008 - Agli sportelli regionali del Friuli Venezia Giulia la domanda supera l’offerta. Ma altre 8mila straniere chiedono di entrare.

Secondo i dati raccolti dagli sportelli del progetto «assistenza alla persona» della Regione Friuli, la domanda di lavoro supera l'offerta: ci sono almeno due badanti con permesso di soggiorno per ogni famiglia che ne cerca una. Una badante regolare su due, quindi, è disoccupata. Eppure il numero di richieste di chi vuole far venire in Italia un'assistente familiare – e quindi assumerla regolarmente - continua a crescere: nel 2007 (ultimo decreto flussi) le istanze presentate, in attesa di risposta, sono state più di 8mila.

Come spiegare il surplus di domande di assistenti familiari? Una prima risposta da dare, la si ottiene da molte delle famiglie che hanno in casa una badante, è semplice: tanti hanno assunto badanti senza regolare permesso di soggiorno e quindi approfittano del decreto flussi per metterle in regola. Non sempre il lavoro nero è una scelta, spesso l'urgenza di trovare un'assistente e la diffidenza degli assistiti punta a privilegiare un rapporto di simpatia tra le persone piuttosto che le carte in regola. Poi l'anziano si affeziona e allora si fa di tutto per cercare di consentire alla assistente di garantirsi un domani. Chi non può permettersi la badante a tempo pieno, richiede un contratto part time, e il resto poi lo versa fuori busta. Difficile, però, ritenere che tutte le domande presentate con l'ultimo decreto flussi siano tentativi di sanare posizioni irregolari, anche se la clandestinità delle assistenti familiari resta un problema complesso. Un problema che va sviscerato in molti aspetti. quello normativo – ci sono badanti che una volta ottenuto il permesso di soggiorno si licenziano e cercano altro impiego lasciando a piedi la famiglia – e quello economico: mettere in regola un'assistente familiare costa mensilmente uno stipendio medio a famiglia.

C'è un nuovo fenomeno, che è iniziato con il decreto flussi 2006 – la stessa Corte dei conti nel rapporto di aprile dice che «le capacità di assorbimento degli extracomunitari si sono manifestate in prevalenza nell'area dei servizi (collaborazioni domestiche, assistenza ad anziani, etc.)» e si interroga sulla bontà delle stime del fabbisogno – e che ha trasformato le quote in meccanismi per bypassare i ricongiungimenti. O peggio, per «sfruttare» la debolezza della normativa. Ci sono infatti immigrati che vivono regolarmente in provincia, con un lavoro e un permesso di soggiorno, che attraverso le quote assumono parenti o amici come badanti o colf. La legge non prevede che il datore di lavoro dimostri di avere un anziano non autosufficiente a carico per assumere una badante. Può richiedere l'ingresso purché paghi contributi e stipendio. Questo fa sì che la domanda di collaboratori domestici e di assistenti familiari risulti falsata rispetto all'esigenza reale del mercato. E spiega, almeno in parte, il quadro regionale dove le famiglie che vogliono mettere in regola la badante sono inferiori, per numero, alle lavoratrici già disponibili sul mercato.

Articolo tratto da ilpiccolo.repubblica.it




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